David Moncoutié sull’era-Armstrong: “In quegli anni i corridori puliti non potevano vincere i Grandi Giri”
Il documentario “Lance” ha fatto tornare di attualità il periodo in cui Lance Armstrong dettava legge nel mondo del ciclismo. L’ex corridore statunitense dominava i Tour de France e divenne una sorta di leggenda prima di essere riconosciuto, e di ammettere, di fare sistematico ricorso a prodotti dopanti. Di questo si parla nella pellicola diretta da Marina Zenovich, che ripercorre le tappe della carriera del texano, facendo riferimento anche a tanti dei corridori con cui Armstrong ha condiviso gare e periodo storico. Sul documentario, e di riflesso sulla figura dell’ex “postino” statunitense si sono recentemente espressi Ivan Basso, Filippo Simeoni e Tyler Hamilton.
Facendo un’estrema sintesi, uno dei pensieri ricorrenti di Armstrong è “baravo perché baravano tutti”. Sul punto, però, si è espresso David Moncoutié, corridore che in salita sapeva andar forte e che dal 1997 al 2012 ha gareggiato con la maglia della Cofidis. Una lunga carriera senza macchia, fatta di tanti piazzamenti e di numerose vittorie di tappa (quattro alla Vuelta a España e due al Tour de France). Le classifiche generali dei Grandi Giri, però, non sono mai state un terreno che gli ha detto bene: alla Grand Boucle, ad esempio, non è andato oltre il 13esimo posto del 2002.
“Senza doping, in quel periodo, era difficile – le parole di Moncoutié in un’intervista a CyclismActu – Io sono passato professionista nel 1997 e fino al 1998 stare a galla nelle grandi corse senza prendere niente era complicato. Mi sentivo più a mio agio dopo che era scoppiato il caso Festina, perché da quel momento la gente ha iniziato a ‘frenare’, soprattutto nelle squadre francesi”.
Moncoutié si è consolidato come scalatore e ha provato a fare classifica: “Le abilità per essere competitivo le avevo, ma dal 2003 in poi mi sono reso conto che le cose stavano tornando a come erano prima del caso-Festina. Così, ho deciso di cambiare i miei obiettivi e ho deciso di diventare un cacciatore di tappe. Per quelli che lottavano per le posizioni più importanti delle generali, era dura senza usare prodotti dopanti. Armstrong e gli altri lo facevano. Fortunatamente, c’erano corridori come me che non lo facevano, ma noi non potevamo competere per i Grandi Giri e per le Classiche più importanti“.
Il francese, classe ’75, torna al Tour del 2002, quello in cui aveva provato a fare classifica fino alla fine, chiudendo poi 13esimo a Parigi: “Vero che se guardo i risultati finali di quella edizione (vinse Armstrong, sul podio anche Joseba Beloki e Raimondas Rumsas – ndr)… Quell’anno ci ho provato davvero, provavo a rimanere attaccato tutti i giorni. Ciò nonostante, finì parecchio dietro il texano (a 21’08”, per la precisione). Credo proprio che senza doping sarebbe stata un’altra corsa. Poi, non so se io avessi davvero la testa per ambire al podio. È dura da dire. Ma non ho rimpianti, ho gestito la mia carriera secondo quelle che erano le circostanze di quel tempo”.
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